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Malati di viaggi, malati di Wanderlust

Il mio pensiero costante è partire, con qualsiasi mezzo, per qualsiasi luogo.
Sono sempre alla ricerca di una nuova meta da raggiungere, stare più di un mese senza spostarmi da casa mi provoca malessere.
Si, sono una nomade!

Se anche in voi è radicata la viscerale necessità di viaggiare, se siete in viaggio e state già pensando alla prossima metà, se conoscere posti e gente nuova è la vostra priorità di vita, allora siete malati di una malattia che al momento non ha cura e si chiama Sindrome di Wanderlust.
La buona notizia è che non si rischia la vita, al limite il conto in banca.

E non si tratta di una malattia rara, perché siamo in buona compagnia dato che sono sempre di più i membri della comunità mondiale dei colpiti da wanderlust (parola di origine tedesca che deriva da wander, ovvero desiderio, e lust, cioè di camminare, girovagare).

Come si legge sul sito dedicato thewanderlust.org, si tratta di persone che hanno “the irresistible, uncurable desire to travel or wander”: l’irresistibile, incurabile desiderio di viaggiare o vagabondare.
Insomma, tutti coloro che non sanno resistere alla voglia di girovagare, soffrono della sindrome di Wanderlust.

Il viaggiatore incallito o malato di viaggi ha l’ossessione maniacale per i prezzi dei voli, tant’è che conosce meglio i prezzi dei voli e dei soggiorni rispetto a quelli del pane e del latte; la valigia è sempre a portata di mano e magari ancora mezza fatta dall’ultimo viaggio; all’udire vocaboli come “travel”, “viaggio” o “trip” il cuore inizia a battere a ritmo veloce come al primo incontro con il fidanzato; il denaro ha valore solo in base a dove ci può portare e il regalo preferito è un biglietto aereo o un voucher viaggio, non importa quale sia la destinazione, ciò che importa è che ci permetterà di scoprire posti nuovi e conoscere culture diverse.

 

Il wanderluster in fondo non è altro che un sognatore che pensa che la vita, per essere considerata tale, debba essere curiosa e originale e, soprattutto, itinerante.
Tuttavia una recente ricerca scientifica, pubblicata sulla rivista “Evolution and Human Behaviour”, sembra aver dimostrato che i malati di viaggi sono tali perché ce l’hanno scritto nel DNA. Il gene del viaggio non sarebbe altro che il recettore della dopamina D4, responsabile della passione per ciò che sta altrove, che non ci circonda abitualmente, che rappresenta un fascino esotico. Pare che questo recettore non sia presente in tutti, ma solo nel DNA di circa il 20% della popolazione mondiale.

Un altro studio, finanziato da National Geographic, ha rilevato come i wanderluster siano persone maggiormente propense ad affrontare rischi, a provare cibi nuovi, nonché ad avere relazioni nuove e un maggio numero di avventure sessuali.
Direi che, vista così non sembrerebbe proprio una brutta malattia, ma un impulso vecchio come il mondo che spingerebbe l’uomo ad andare verso ciò che non conosce e a superare barriere culturali oltreché geografiche.

Avete letto bene, siete anche voi dei wanderluster!?
Be’ non è poi una disgrazia…

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