Racconto di una cena stellata nonché stellare al ristorante Le Cinq di Parigi, tre stelle Michelin, ristorante del Four Season Hotel George V, tratta dal romanzo “L’amore a colpi di Champagne”, di Sabina Samogin.
Tratto dal capitolo 19 L’orgasmo del palato.
“Un’eccellenza culinaria a Parigi è Le Cinq, il pluristellato ristorante del nostro hotel. Un tempio della haute gastronomie française.
L’atmosfera del ristorante è quella che si respira in tutto l’albergo, sontuosità ed eleganza, forse, un tantino più formale rispetto a tutto il resto, tuttavia raffinatissimo. Anche in questa sala non mancano i fiori e le piante, le palme sono sparse ai lati della stanza, al centro di un grande tavolo, di fronte la porta d’ingresso, spiccano vasi di garofani, ortensie e rose, tutti di un rosso acceso.

Un impeccabile cameriere in completo scuro, molto professionale ma con fare amichevole, ci accompagna al nostro tavolo in un angolo del salone. Separa la sedia dal tavolo e mi fa accomodare, ci porge la Carte et menu, la mia senza prezzi com’è ovvio, e a Christian anche la Carte des Vin. Accende la candela a centro tavola e ci lascia soli.
Già leggendo il menù si percepisce che simili piatti saranno in grado di sorprendere i nostri palati, sebbene allenati. Non ho dubbi che la cena sarà straordinaria e molto al di sopra delle aspettative.
Il silenzio caldo e perfetto è interrotto dalla voce di Christian «Tesoro scegliere il vino è un’impresa ardua, la lista dei vini è infinita!», me la porge ed effettivamente è lunga quanto l’elenco del telefono di Parigi. Una come me solo a leggere una carta dei vini del genere rischia un orgasmo. In cantina ci sono bottiglie di Petrus del 1959! Oh my God!
«Opterei per lasciar fare al sommelier, che dici?», mi chiede Christian «e accompagnare ogni piatto con il vino che più si adatta», suggerisce.
Annuisco. In effetti il sommelier gira per i tavoli con il suo carrello dei vini e molti degli eleganti clienti sembrano aver scelto questa soluzione.
La mise en place è di gran classe, tovaglia bianca in prezioso lino, posate in argento decorato, eleganti sotto piatti di fine porcellana bianca, con bordo d’orato e sottobordo antracite. È impossibile descrivere ogni dettaglio.

Il ristorante propone alcuni menus ma noi preferiamo scegliere i piatti che ci più ci ispirano magari accettando i suggerimenti del nostro cameriere, con il quale instauriamo subito un buon feeling.
Il piacere ha inizio con degli amuse bouche di pesce accompagnati da uno Champagne d’ingresso di una piccola maison. Un anticipo di quello che arriverà in seguito, che si preannuncia meraviglioso!
Proseguiamo con la tartare di tonno e caviale, a forma conica, con gelatina di mela verde e wasabi. È qualcosa di paradisiaco! Assaporo lentamente ogni boccone come un rituale, come fosse l’ultimo della vita!
Il nostro viaggio tra sapori, aromi ed eccellenti scenografie culinarie continua con la millefoglie con pomodorini di Provenza e granchio. Superba! Chiudo gli occhi per concentrarmi meglio sui sapori.
Christian, evidentemente rapito dalla mia espressione di godimento puro, mi chiede dolcemente «Veronica ti piace molto, vedo! Sono contento, molto contento!», e si vede, è sorridente e appagato per la felicità che mi sta dando. Che è anche la sua.
«Christian ogni cosa è la fine del mondo, è veramente tutto fantastico qui!»
Sono così emozionata dall’ambiente, dalla situazione, dalla meraviglia che mi circonda che ho il fiato corto e il cuore che martella in petto. Solo un uomo mi fa quest’effetto. Lui!
Facevo correre lo sguardo ovunque attorno a me, attenta a cogliere ogni minimo dettaglio, nel limbo tra sogno e realtà di questo ambiente ovattato.
Ora lo Champagne lascia posto a uno dei più grandi vini di Francia un Coulèe de Serrant del 1997. Excellent! Cento per cento uve Chenin Blanc, la cui terra di origine è la Valle della Loira. È un vino che non si apre molto facilmente. Un’ossigenazione più prolungata lo renderebbe ancora migliore, ne sono certa.
E per preparare il palato ad altri eccezionali sapori, non manca il brodino di pollo, tartufo d’Alba, zenzero, foie gras, cipolle e limone. È leggero nonostante gli ingredienti importanti, il sapore del tartufo è intenso, mentre il foie gras, per il quale io non impazzisco, non ne sbilancia il gusto ed è quasi impercettibile grazie alla freschezza conferita da limone e cipolle e alla delicatezza dello zenzero.
Quando mangio piatti di questo livello sento di avere un dialogo con il mio corpo e questa sera come non mai! Io e Christian parliamo meno del solito, tanto siamo concentrati sui piatti.
In un crescendo inesorabile di sensazioni, continuiamo con un’aragosta bleu in salsa di vino, seppie e porri e un filetto di rombo aromatizzato con zenzero, alghe e aromi.
La forza e la complessità dei piatti sono un attentato alle papille gustative.
Non è semplice descrivere l’esposizione dei due piatti. Attenta a non farmi vedere dagli altri commensali, li fotografo! Sabine mi disse “Se ti porta in qualche ristorante super stellato, e ti porterà, voglio un reportage fotografico, ricordalo!”
Le invio tramite WhatsApp qualche foto accompagnate dalla frase: Il posto ideale per mangiare con gli occhi!
Tralascio i commenti al mio riguardo che ricevo come risposta, una serie di improperi, che imporrebbero una revisione delle attuali nozioni di volgarità.
Come vino di accompagnamento scegliamo un vino bianco di Domaine Roc D’Anglade, caldamente suggerito dal Sommelier che puntualmente ci descrive il vino in francese, io non capisco granché, o meglio ho compreso che le sue uve sono Chardonnay in piccola parte e Chenin blanc in prevalenza, ma, tenendo conto che ha parlato un bel po’ è molto male. Al mio ritorno farò un corso intensivo di francese.
Tuttavia, il fatto di non capire, mi permette di cogliere con più libertà le proprietà organolettiche del vino, che si presenta di un bellissimo color madre perla e già dal primo sorso è percettibile che si tratta di un vino vivace e raffinato. In ogni caso una volta che avrò fatto il mio esame Christian mi riferirà quanto detto dall’esperto, come ha già fatto per gli altri vini.
Christian mi guarda, sta ridendo sotto i baffi, come si suole dire.
«Mia piccola Sommelier ti occorre qualche delucidazione, ti vedo concentrata e perplessa!», e sghignazza. Ma con classe.
E in effetti lo sono e come se lo sono. Infilo nuovamente il naso nel bicchiere per qualche secondo «Dunque, riconosco: scorza di limone, susina. Il vino è carnoso al palato benché fresco e leggermente salato in persistenza», sono sicura «ah dimenticavo un tantino minerale!», che per me questa cosa del minerale è una gran cazzata.
Lo sto fissando in attesa della sua risposta.
«In effetti il vino viene prodotto in un villaggio che si trova non lontano da Nimes, nel Sud della Francia, in piena Languedoc e i vigneti, piantati in terreni di superficie marmosa-calcarea, sono esposti ai venti e alla brezza marina proveniente del Mediterraneo», fa una pausa e mi guarda «il sommelier ha spiegato che il vino è stato affinato per 18 mesi in particolari barili, demi-muids, che trasmettono maggiore finezza riducendo al minimo l’impatto del legno nel vino e migliorandone tutti i suoi aspetti aromatici», conclude.
«Beato te che sai il francese!», sentenzio scoccandogli un immenso sorriso.
Nella patria dei formaggi, pur avendo già mangiato abbondantemente, non possiamo esimerci dall’assaggiarne qualcuno. Il carrello dei formaggi è qualcosa di mai visto!
«Amore, non possiamo non gustare qualche formaggio, ma giusto qualche pezzetto. Siamo diretti in Normandia!», mi ricorda con quel tono così convincente e quello sguardo così dolce.
«Certo, certo un assaggio!», anche perché potrei esplodere, spero solo siano tocchetti minuscoli.
Siamo sazi e soddisfatti ma come tralasciare il dessert!? Ci aiuta, quasi alleggerendoci un fresco sorbetto alla vaniglia della Polinesia e arancia candita. Vaniglia della Polinesia. Solo il nome preannuncia una squisitezza.
E, a conclusione di questa straordinaria cena, la rivisitazione della millefoglie di cioccolato. Sublime!
Il carrello della piccola pasticceria è una cosa che fa cadere gli occhi, una meraviglia, non oso immaginare cosa sarà per il palato. Ma posso solo guardarlo e fotografarlo, Christian qualche meraviglioso dolcetto invece lo assaggia.
Dopo l’ultimo sorso di un eccellente Sauternes, che ha accompagnato formaggi e dolci, restiamo entrambi in rigoroso silenzio, io a elaborare le ultime due ore e lui, non solo, anche a osservare me.
Il cibo e l’erotismo hanno un legame indissolubile. È sempre stata una mia convinzione e non solo mia. Dopo questa cena ne ho l’assoluta certezza. Non si può amare il sesso se non ami il cibo. È impossibile separare l’erotismo dal cibo. Io non posso farlo! Non conosco nemmeno una buona ragione per farlo.
Questa cena è paragonabile solo all’orgasmo. L’orgasmo del palato! Una gioia per i sensi, tutti! Nessuno escluso o eccettuato.
Gusto: è totale! Non ci sono parole per esprimerlo. Un’esplosione di sapori in totale equilibrio tra loro che mi sembra ancora di percepire distintamente.
Olfatto: soggiogato dai vini di altissimo livello e dai suoi profumi. Dagli aromi del cibo che, se fossimo stati soli, per sentirli meglio ci avrei infilato il naso.
Tatto: è l’atmosfera, il luogo magico che ti tocca, ti sfiora e ti entra nelle viscere.
Udito: coinvolto dal riecheggiare dei numerosi brindisi, dal tintinnio delle posate che accarezzavano i piatti e dal vociare silenzioso e garbato degli educati commensali.
Vista: i piatti sono delle vere opere d’arte, la maestria della cucina si ravvisa nei colori, nelle forme oltre che nella qualità dell’esecuzione. Scenografici dal primo all’ultimo!
Dei veri fuoriclasse in cucina e fuori. La Brigata di sala mi ha conquistata. Il servizio sempre puntuale e preciso, ci hanno viziati per tutta la sera, sempre attenti e mai invadenti, bastava alzare lo sguardo e già stavano esaudendo la nostra richiesta.
Non ho la più pallida idea di cosa sia costata questa cena, ma in questo Regno dei Sapori, non è certo il conto a restare impresso.
Un’esperienza indispensabile!
Christian confabula con lo chef sommelier.
Suspense!
Sto avendo l’onore di visitare la prestigiosa Cave à Vin.
I miei occhi sbarrati, il mio sguardo allibito davanti a un’infinità di bottiglie d’annata dei vini più famosi al mondo.
E piango di fronte a quella visione. Di gioia. Una donna normale piange davanti a un gioiello di Tiffany o a una vetrina di Cartier o Manolo Blahnik. Io piango davanti a quelle bottiglie che ho l’opportunità di sfiorare in un sol colpo. Ma se domani andassimo da Cartier o in un negozio di Manolo saprei come sbizzarrirmi, ma non proverei la stessa emozione.
Perché il vino è una cosa viva.
Qui dentro mi ubriacherei, se non fosse troppo costoso, qui dentro mi ubriacherei, giuro!
Tocco con mano una magnum di Petrus del 1961 e un Madeira 1750. Numerose le bottiglie di Romanée-Conti. Tanti Grand Cru di Borgogna, i migliori vini della zona di Bordeaux e i più importanti vini del mondo: Italia, Chile, California, Argentina.
Le lacrime mi scendono a causa delle troppe emozioni di oggi. Guardo quell’uomo che ne è stato la causa, che ne ha il merito, guardo Christian in silenzio, non riesco a dire nulla, sono così emozionata, non so cosa mi stia prendendo, non me l’aspettavo.
Sono lacrime di gioia, di piacere, di stupore.
Christian mi osserva con sguardo tenero e mi stringe a sé.
«Scusa amore ma sono così emozionata», riesco finalmente a dire balbettando.
«Spero siano lacrime di felicità Veronica», stampandomi un bacio sulla fronte mentre mi accarezza dolcemente la testa.
Il Sommelier torna con tre calici e, tra le varie chiacchiere a sfondo enoico, ci spiega che attualmente la cantina contiene circa cinquantamila bottiglie e che, durante l’occupazione della seconda guerra mondiale, fu murata per impedire al nemico di accedervi, ma quando nel 1997 l’hotel fu pesantemente ristrutturato si scopri che dei famosi vini non era rimasto quasi nulla.
S’è fatta un’ora tarda, per tutti, terminiamo il bicchiere e ci congediamo ringraziandolo infinitamente per la disponibilità.”
Fine racconto tratto dal capitolo 19 del romanzo “L’amore a colpi di Champagne”
La cena raccontata nel romanzo dall’autrice nella realtà è frutto di due cene a Le Cinq e vede raccontati i piatti che l’hanno maggiormente colpita nell’una e nell’altra cena. Alcuni piatti risalgono al 2012, all’epoca il ristorante aveva 2 stelle Michelin e lo chef era Eric Briffard e alcuni al 2015 con lo chef Christian Le Squer, il ristorante ha 3 stelle Michelin.